La vergine delle ossa | Luca Masali
Primavera del 1890. Dopo tante lotte, per Cesare Lombroso è venuto il momento di godersi la gloria; la sua Antropologia Criminale è una disciplina ufficialmente riconosciuta, nessuno dubita più del suo metodo scientifico per distinguere con riga e compasso l’uomo di genio dal delinquente, la donna normale dalla prostituta, il criminale nato dal pazzo furioso. A turbare i sonni dello scienziato ci pensa un ricoverato nel suo manicomio. Un delinquente nato, talmente pazzo da aver ripudiato persino il suo stesso nome: si fa chiamare con le iniziali U.G. ed è un ex carabiniere accusato di osceni crimini, che passa le sue giornate in manicomio a creare una sconcertante scultura d’ossa. U.G. fa comunella con un altro degente che risponde al nome di Salgari Emilio e a seconda dell’ondivagare della sua pazzia, si crede ora capitano di mare, ora scrittore. Così Lombroso decide di servirsi della creatività dello scrittore, con un piano ardito: per cercare di capire la natura della follia di U.G., prima che venga impiccato per i delitti di cui è accusato. Tutto andrebbe secondo i piani di Lombroso, se non fosse che gli inspiegabili delitti riprendono con la fuga di U.G. dal manicomio. In un crescendo di orrore e morte, U.G. scoprirà a sue spese che nemmeno la pazzia potrà salvarlo dal fare i conti col suo passato. Verrà il momento in cui sarà costretto a scegliere tra la vita di un’innocente e il lasciare riaffiorare i ricordi atroci che ha seppellito nel profondo del suo cervello.