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«Ti ho cercata un sacco, sai?» «E come hai fatto a trovarmi?» «Prima ho seguito il sentiero di mollichine di pane.» «E poi?» «Il bat-segnale.» «E poi?» «La stella cometa.» «E poi mi hai trovata?» «Sì. Eri bella.» «Ero simpatica?» «Eri sorridente.» «Ero contenta.» «Ero impacciato.» «Però mi hai baciata.» «Come fosse l’ultima cosa che facevo prima di partire per la guerra.» «Avevo un bel vestito?» «Sì, blu e rosso corto, un sacco primaverile.» «C’era il sole?» «C’eravamo tu, io e il sole.» «Hai fatto bene a cercarmi.» «Sei stata brava a farti trovare.» Raccontare un amore che nasce è quasi impossibile. Perché quando quel misto di fragilità, gioia e speranza ci invade, le parole mancano. Quasi sempre. Nel suo primo romanzo, Guido Catalano compie un piccolo miracolo: scrivendo la storia tenera e stralunata tra l’ultimo dei poeti e un’incantevole aracnologa ci fa emozionare, commuovere e divertire. E riconoscere, una volta per tutte, quanto è bello scoprirci ridicoli, se è per amore.